Dal punto di vista puramente giornalistico, le tardive, quanto superflue, e quindi sostanzialmente inutili ‘rivelazioni’ del New York Times uscite il 15 agosto, relative al sequestro, la tortura e l’uccisione di Giulio Regeni, potrebbero sembrare niente più che l’ennesimo esempio di classico scoop ferragostano. Vanno invece lette in chiave geopolitica, alla luce dell’altro fatto, significativamente concomitante, che è l’annuncio dato dalla Farnesina appena un giorno prima, il 14 agosto, della nomina di Giampaolo Cantini quale nuovo ambasciatore italiano in Egitto. Una scelta imprescindibile, troppo a lungo procrastinata, nel quadro complessivo dell’azione che il nostro Paese sta cercando di impostare e sviluppare nell’intricato e pericoloso teatro libico. Dove proprio l’Egitto svolge un ruolo decisivo, e in questi ultimi 18 mesi decisamente contrastante nei confronti del nostro Paese, anche sul fronte dell’immigrazione. Alla luce di queste considerazioni, il pezzo uscito sul prestigioso quotidiano newyorchese non appare più come inutile e tardivo, bensì di una dubbia efficacia geopolitica ma di un tempismo perfetto.